La vita di Plinio Michetti, come uomo e come artista, può essere intuita a grandi linee da queste note in cui riassumo parte dei miei personali ricordi.
Plinio Michetti nasce a Calizzano (SV) il 20 gennaio 1891, da Giuseppe Michetti e Maddalena Bogliolo.
Il padre di lui, contadino laicamente colto ( chiamò gli altri figli Teresa, Ottavio, Ofelia, Rosmunda, Pia, Silvio, Rea Silvia ) gli trasmise grandi doti di manualità ed un primo interesse per la liuteria.
Prima di andare sotto le armi, mio padre era andato più volte – e tornato – in bicicletta, da Calizzano a Ceva, a prendere lezioni di violino.
Erano 19 km di strade sterrate, con un colle di 1000 metri nel mezzo, da fare e rifare con le biciclette di allora, e la cosa, forse anche per altre ragioni, dopo un po' ebbe fine.
Servì poi la Patria dal 1910 al 1919, nella campagna di Libia dal 1911, e nella prima guerra mondiale dal 1915 al 1918.
In Libia, dove era andato volontario per sostituire un amico sposato con prole, visse situazioni atroci. Partecipò alle battaglie dall'Isonzo alla Bainsizza, e dopo Caporetto fu in Francia, alla battaglia della Marna.
Conservò per tutta la vita l'orgoglio di essere, e non solo di essere stato, un Cavaliere di Vittorio Veneto, con tutti i ricordi di quel periodo duro e doloroso.
Tuttavia, in quei lunghi anni passati nel mondo crudo e pauroso della guerra, aveva conservato, dentro di sé, come un desiderio di pace, il pensiero di come poteva essere costruito un violino.
Dopo il matrimonio, avvenuto nel 1921, con Paola Maria Bianco abitò a Savona, dove, nel 1922, ebbe due figlie, Emilia e Giuseppina. Conobbe Euro Peluzzi, esperto cultore di liuteria, da cui fu molto apprezzato ed incoraggiato a dedicarsi definitivamente alla sua passione, cioè alla costruzione del violino.
Venne così in contatto con la liuteria ligure, da cui sembra sia derivata la sua tecnica costruttiva basata su forma esterna e controfasce continue. Non dispongo di elementi che comprovino possibili contatti sistematici con i liutai genovesi Cesare Candi e Paolo De Barbieri, e mi sembra da escludere che abbia partecipato, in una sorta di apprendistato, all'attività delle relative botteghe così come è stato pubblicato.
Nel 1925 si trasferì a definitivamente a Torino, dove nel 1930 nacque il figlio Leonardo, lo scrivente.
Fu attivo con continuità come liutaio almeno fino al 1968, in particolare anche durante la seconda guerra mondiale dal 1940 al 1945. Nel 1944 le truppe tedesche diedero fuoco, fra gli altri, al paese di Farigliano (CN), dove la famiglia era sfollata, e un baule contenente suoi violini fu da me salvato nell'incendio della casa. Nella sera del 27 dicembre di quell'anno terribile eseguii il ritratto qui riprodotto.
A Torino incontrò ed ebbe rapporti di lavoro con i principali liutai piemontesi di quegli anni, fra i quali Evasio Emilio Guerra, Giorgio Gatti, forse Enrico ed Edoardo Marchetti, certamente Annibale Fagnola ed in particolare Carlo Giuseppe Oddone, che gli manifestò stima e ne riconobbe le capacità.
Nel volgere di poco più di un decennio dal suo arrivo a Torino quei liutai, tranne Guerra, scomparvero.
Di essi ammirava l'arte riconoscendone le differenze, nel comune solco della tradizione piemontese tracciata da Giuseppe Rocca e dal maestro di tutti Giovanni Francesco Pressenda, e da essi trasse gli elementi del proprio stile che si sviluppò con continuità per oltre quattro decenni.
Quindi Plinio Michetti fa chiaramente parte della liuteria piemontese che, in quegli anni, vide la presenza di altri bei nomi come, per esempio, Riccardo Genovese, Carlo Colombo Bruno, Pietro Gallinotti, Anselmo Curletto, Arnaldo Morano.
Si dedicò, per tutta la vita, con convinzione e passione, alla elaborazione della sua vernice ad olio persuaso com'era che la vernice dovesse partecipare della qualità del suono come una parte vivente dello strumento.
Fece un'infinità di prove, inizialmente senza basi di chimica, ma guidato da fede e coraggio, correndo e facendoci correre dei rischi, come quando, mentre preparava la vernice sul gas di cucina, tutto prese furiosamente fuoco, mia madre fuggì con me di sei giorni, e lui spense da solo l'incendio impedendo l'ingresso in casa anche ai pompieri, perché con nuovo ossigeno vi sarebbe stata una generale esplosione.
Ma infine, dopo anni, produsse la conferma dei suoi sogni con una vernice meravigliosa, con i più caldi colori e con profonde trasparenze, elastica e viva come l'aveva sempre desiderata. Vernice bella e del tutto misteriosa, purtroppo, anche per me.
Fu uomo modesto, evitava ove poteva i contatti con il mondo esterno, e si sentiva essenzialmente pago di poter fare il proprio lavoro, per cui i suoi strumenti vennero conosciuti attraverso limitati contatti diretti, e attraverso le mostre alle quali partecipò ottenendo premi ed apprezzamenti.
Ebbe un fisico eccezionale, fu un camminatore instancabile, e salì con figlio nuora e nipoti al Rocciamelone (3538 mt) all'età di 83 anni.
Visse fino al 1991, raggiungendo l'età di 100 anni, 8 mesi e 20 giorni.
E' ora conosciuto nel mondo, ed io provo a figurarmi mio padre che lo viene a sapere.
Etichetta "Plinio Michetti fece in Torino l'anno 1958"
Violino del 1948
Violino del 1958
Viola del 1948
Tecnica costruttiva
Foto con Discovery